HIV e Assistenza al paziente malato di AIDS

Intorno agli anni 70-80 si è isolato un virus denominato virus dell’HIV ( human immuno deficienty virus ) la malattia che procura questo virus per accordi internazionali viene chiamata AIDS che significa “ sindrome da immuno deficienza acquisita “. Questo virus una volta penetrato nell’organismo causa una progressiva distruzione del sistema immunitario. Il virus si trasmette per via parenterale, sessuale, e verticale. Qualche giorno dopo il contagio, si sviluppa una sintomatologia tipo influenzale, successivamente si assiste a una diminuzione dei linfociti T4 , il virus infatti predilige queste cellule, dove penetra e si moltiplica fino alla distruzione delle stesse. Questa condizione può durare per moltissimi anni e in questa fase si parla di sieropositività, cioè nel sangue risultano presenti anticorpi specifici contro il virus, l’infezione è in corso, ed è possibile trasmettere il virus.

Il sieropositivo presenta quindi anticorpi ma non la malattia. Quando l’organismo non riesce più a combattere, poiché il sistema immunitario è troppo debole, si sviluppano patologie secondarie all’immunodepressione. In questa ultima fase si parla di AIDS cioè di malattia conclamata, il sistema immunitario è quasi assente e anche banali infezioni potrebbero essere mortali.

Profilassi: Subito dopo la scoperta del virus, si sono stigmatizzati ed emarginati delle categorie a rischio, essere contagiati dal virus pesava come una condanna a morte, la fobia del contagio e le scarse informazioni alimentavano l’isolamento e la ghettizzazione di tossici, prostitute ed omosessuali, le altre categorie si sentivano erroneamente immuni. E’ vero che le suddette tipologie hanno più probabilità di contrarre il virus, ma è opportuno parlare di comportamenti a rischio che coinvolgono tutti.

COMPORTAMENTI E FATTORI DI RISCHIO :

- Scambio di siringhe tra tossicodipendenti.
- Rapporti omo ed etero non protetti da preservativo.
- Pazienti che necessitano di trasfusioni
- Utilizzo scorretto dei DPI per gli operatori sanitari.

Purtroppo non esistono vaccini, in quanto il virus muta velocemente e risulta difficile confezionarne uno che si adatti. L’unica profilassi possibile è l’informazione. Agli utenti affetti da HIV l’OSS deve garantire un’informazione mirata alla prevenzione.

Prevenzione primaria: Consiste nel far acquisire comportamenti atti a non contagiare altre persone; per quanto riguarda gli operatori va effettuato il lavaggio delle mani e l’uso dei guanti per manovre che prevedono contatto con cute non integra e mucose, in aggiunta occhialini e mascherina per manovre che potrebbero determinare schizzi di sangue, o liquidi biologici. Inoltre vanno rassicurati i familiari sulle vie di contagio.

Prevenzione secondaria: Mirata ad impedire l’evoluzione da infezione a malattia conclamata, Qui l’oss interviene indirettamente, osservera gli effetti e collaborerà con il personale medico infermieristico nella somministrazione dei farmaci; purtroppo tantissimi e con effetti collaterali.

Prevenzione terziaria:cura i sintomi, rallenta le complicanze della malattia conclamata e migliora la qualità di vita.

Indagini diagnostiche: Compito dell’OSS è anche quello di informare l’utente riguardo gli esami da effettuare in caso di sospetto contagio, informazione preziosa anche a egli stesso. Per determinare la presenza di anticorpi specifici basta effettuare un normalissimo prelievo di sangue, ovvero il test di Elisa nel caso questo test risulti positivo si effettua un test specifico il Westem Blot. Bisogna informare gli utenti che per i test non serve ricetta medica e sono gratuiti che non si è obbligati a farlo, e cosa importantissima che il risultato viene comunicato solo alla persona interessata.

L’assistenza: L’esito positivo al test di HIV è come una spada di Damocle che cade sulla testa del malato. E’ importante che l’oss sappia comprendere i sentimenti contrastanti di questi utenti: rabbia, aggressività, sensi di colpa, soprattutto dopo la comunicazione dell’esito. Superati i vari accertamenti diagnostici, è fondamentale l'assistenza, obiettivi principali sono quelli di migliorare la qualità della vita, creare nel malato un atteggiamento positivo, assistere i familiari, mantenere e potenziare le sue capacità.

Questi utenti necessitano di ascolto e comprensione. Sono travolti da una baraonda di eventi. In più, spesso chi dovrebbe informarli, scappa o si nasconde dietro paroloni tecnici per evitare di rispondere agli interrogativi, e alle paure.

Comunicazione efficace, con questo non si intende dover investire il paziente con fiumi di parole. Spesso è più efficace la comunicazione non verbale, come una semplice carezza o il silenzio che però faccia percepire la nostra presenza e disponibilità.

Creare fiducia, per questo è indispensabile far comprendere al nostro utente che lo consideriamo un essere umano, che non lo etichettiamo e non lo giudichiamo.

E’ importante creare ed indirizzare il nostro paziente in una rete sociale sensibile alla sua condizione, interagendo con le varie professionalità

Sostenere la famiglia; migliorare la qualità di vita del nostro utente vuol dire anche intervenire e sostenere la famiglia, spesso anche se affranti dal dolore per il loro caro, lo isola per il terrore del contagio, ciò procura ancora più sofferenza ad entrambi. Spiegando le precauzioni da prendere e i comportamenti a rischio, si consente al familiare e al malato di vivere con serenità questa difficile esperienza, arricchendosi e sostenendosi a vicenda .

Non va dimenticata la riservatezza e la privacy, per evitare oltre che di ledere un diritto, la ghettizzazione di tutti i componenti della famiglia.